martedì 22 maggio 2012

“Nell’arte non c’è nulla di più antico di un vaso in terracotta…”


Nulla come la terracotta può raccontarci la quotidianità vissuta tra oggetti indispensabili, il bisogno di continuità della civiltà affinché valori e tradizioni sopravvivano. Basti pensare alle anfore di terracotta di Qumran, conservanti ostraka e papiri antichissimi con impressi la prima versione della Bibbia e l’indispensabile piacere del Bello.
Terra, aria, acqua e fuoco, gli elementi che costituiscono la vita, attraverso l’opera dell’uomo prendono forma nella materia in un meraviglioso viaggio di scoperta dei luoghi e della storia.
Marco Polo nel 1295 reca dalla Cina un piccolo vaso bianco, tuttora conservato nel Tesoro di San Marco a Venezia. Dal XV secolo furono pochi e venerati come gemme gli esemplari di porcellana cinese introdotti in Europa esclusivamente nelle grandi corti. Nel corso della storia successiva alla sua scoperta si ebbero vari tentativi di riprodurre la perfezione di questo prodigioso materiale, la porcellana, ma solo nel 1700 ad opera di un chimico tedesco fu creato il primo esemplare europeo. Alla base del suo colore bianco v’era il segreto, quasi romanzesco, dell’orientale kao ling, ossia del caolino.
Alchimia, disciplina, estetica  ed applicazione metodica rappresentano gli ingredienti fondamentali che consentono all’artista-artigiano che ne sappia dominare umilmente le tecniche di giungere a risultati unici ed irripetibili.
La peculiarità delle porcellane di Meissen, ad esempio, è la trasparenza dei soggetti, ottenibile procedendo per velature di colore applicate in più riprese, in modo tale che il segno della pennellata non risulti evidente, esaltando, al contrario, la lucentezza complessiva della composizione. La scelta dei soggetti è coerente col periodo storico di riferimento, il Settecento, coi motivi floreali riconducibili alla passione per la botanica, sinonimo di nuova conoscenza scientifica.
L’itinerario e la curiosità che contraddistinguono il percorso formativo di Doriana Cei la conducono al confronto con un materiale di particolare interesse per la genealogia delle tecniche: la maiolica, che consiste nel decoro di piastre in terracotta successivamente immersa in smalti stanniferi e quindi cotta. Qui l’artista esprime la sintesi del proprio percorso unendo tutti gli elementi con particolare accortezza. La luce e la trasparenza dei soggetti trascendono la materia porosa ed ostica per approdare ad un risultato di grande valore artistico, ovvero a quel punto dove ci si misura con ciò che convenzionalmente non si può ottenere e si scopre l’unicità del risultato.  Di particolare risalto nell’evoluzione di Doriana Cei è la tecnica del ‘pennino’ che, inventato nell’Ottocento, ripropone il segno grafico settecentesco secondo i criteri dell’incisione. La sua peculiare caratteristica è riscontrabile nella capacità di rendere la profondità mediante la sapiente intersezione di linee che determina il gioco di luce ottenuto nel chiaroscuro.

In questa cornice si inscrive l’opera più significativa, il servizio dedicato al Veneto che radicalizza il rapporto tra percorso formativo dell’artista, quale mezzo proprio per esprimersi e l’invito alla scoperta dei luoghi come dimensione condivisibile, patrimonio dell’umanità. La proposta muta nuovamente ed approda ad una tecnica originale e di grande effetto visivo con la riproduzione su grandi piatti circolari in ceramica dei disegni dei pavimenti della Basilica di San Marco e delle chiese veneziane, arricchiti dalla preziosità dell’oro zecchino dai sapori bizantini.
La sperimentazione che Doriana Cei compie in linea con il sogno antico degli alchimisti, ovvero la trasformazione di materiali grezzi in oro, si concretizza così nella rappresentazione delle chiese veneziane su piastre di porcellana. Mediante il sapiente dominio tecnico dei materiali e la capacità di trasferire l’intuizione in immagine nostalgica è possibile sintetizzare l’atmosfera di decadente magnificenza della città di Venezia. La luce che, nel corso della giornata, colpisce la piastra decorata in oro zecchino con angolatura sempre diversa sprigiona riflessi che donano movimento e vita propria alla composizione, combinando al piacere della vista quella assoluta unicità tecnica, sintesi di estro creativo e ricerca sensibile.
Per esplicare le sperimentazioni e gli esiti del lavoro di Doriana Cei riesce spontanea l’associazione con un grande personaggio della storia locale e mondiale, Marco Polo, che intraprese itinerari che lo condussero ad incredibili scoperte, così come nelle intenzioni dell’artista s’intuisce il piacere del viaggio e della ricerca oltre i limiti materiali.

Enrico Mattiussi


1 commento:

  1. Leggo solo adesso l'articolo di
    EDMUND DE WAAL..sulla contemplazione del vasetto di Marco Polo..Non sapevo che si fossero attesi 400 anni prima che la pocellana da Caolino fosse prodotta in serie..

    Meraviglioso articolo..Complimenti alla Conservatrice.

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